giovedì 29 marzo 2012

Domande "ecosostenibili" a Raffaella Colombo




Dieci domande a Raffaella Colombo
intervistata da: Bita Rajabbolukat, Colombo Francesca,
                       Valeria Ferti, Ilaria Feridiè Parmeggiani
International Workshop Ecoweek 2011- Milan-
Politecnico di Milano

INTERVIEW BY: Bita Rajabbolukat, Colombo Francesca

Riteniamo di fondamentale importanza per la formazione di una figura professionale completa,
specie quella dell’Architetto, l’esperienza derivante dal viaggiare, dal conoscere e scoprire con i propri occhi realtà di architetture e culture simili o estremamente differenti dalle proprie.
Nel suo caso quale viaggio l’ha particolarmente segnata per quanto riguarda il suo pensiero e il suo modo di progettare?
RC. Il mio essere architetto e paesaggista deriva dall’essere esploratrice e studiosa di antropologia.
Esploratrice di luoghi e di relazioni umane. In cui il viaggio fisico e non virtuale risulta come una
personale necessità di vita.
Devo spostare il corpo.
Per capire, devo esserci fisicamente. Stare.
Per progettare devo andare sul luogo.
Osservare e cogliere peculiarità, individuare tracce, toccare, annusare…
Viaggiare significa disponibilità, seppur inconscia, ad abbandonare i propri luoghi comuni
arricchendosi di cultura. Significa confronto.
Allora, ogni viaggio stratifica la formazione, sedimentandola.
Tuttavia sento casa in centro e sud America, India e Indonesia. 
Lo studio approfondito in università delle civiltà mesoamericane e la successiva lunga permanenza tra piccoli  paesi del Messico, Guatemala, Belize e Colombia per approfondimenti e ricerche didattiche universitarie inerenti alle culture Olmeche,Tolteche, Huaxteche, Totonache, Maya...è risultatata fondamentale per comprendere capacità e precisione costruttiva di sistemi architettonici all’ apparenza liberamente collocati su piani aperti ma in realtà di estrema complessità culturale e teorica. 
L’India, tra Srinagar, il Rajastan e il Kerala, per le lunghe ricerche storiche e i rilievi in loco di giardini e architetture Moghul. L’idonesia, tra Sumatra, Lombok e il Celebes, sostando per mesi tra per splendide architetture lignee decorate con colori naturali delle popolazioni Toraja, apprendendo il radicato sistema di vita collettivo, socio-ambientale, "solidale" e spirituale.
We consider of fundamental importance for the formation of a complete professional man,
especially the architect, the experience gained from travel, from learning and discovering with your own eyes the reality of architecture and culture similar or extremely different from your own environment. In his case, which travel was particularly marked you with regard to your thinking and your approach to your design style?
My being as an architect and a landscape designer derives from being an explorer and anthropologist:
explorer of places and human relationships, where the physical (not virtual!) 
travel is like a personal necessity of life.
[...]Travelling means to be open, albeit unconsciously, to abandon your common places and enrich your culture. It means comparison. Each travel stratifies the formation, let it sediment. However I feel at home in Central and South America, India and Indonesia. The deep study in university of the Mesoamerican civilizations and the subsequent long period between the villages of Mexico, Guatemala, Belize and Colombia for deepening my knowledge and researching about the Olmec, Toltec, Totonac, Huaxteca and Maya cultures, was crucial to understand their skills and precision for the construction of these architectural systems, only in appearance collocated in open grounds, but in reality with a very complex culture. (...)



“…Mi professo studioso assai scrupoloso della natura umana e vivisettore dei miei stessi sbagli. Ho scoperto che l’uomo è superiore al sistema che propugna. Sono in effetti un sognatore pratico. I miei sogni non sono impalpabili nullità. Voglio convertire il più possibile i
miei sogni in realtà…” Gandhi, Harijan 1939
Partendo da questa citazione che ha riportato all’interno del suo corso universitario “Analisi e
progetto del giardino contemporaneo”, quanto ritiene che i progetti di idee scaturiti dai suoi studenti, che mirano alla riqualificazione di alcuni microspazi milanesi, possano realmente trovare riscontro in un progetto realizzabile?
RC. E’ necessario che le idee scaturite all’interno delle università trovino spazio di visibilità e
riconoscimenti adeguati all’esterno delle stesse, affinché si entri in un circuito anche economico
positivo. Come accade in tante università americane. Gli studenti con i docenti progettano ma realizzano anche alcune opere.
‘’[…] I am indeed a practical dreamer. My dreams are not ethereal void. I want to convert as much as possible my dreams into reality ..." Gandhi, Harijan
1939 Starting from this quotation that you brought within your university course , how do you think that the preliminary designs and ideas coming from your students, aimed at upgrading some microspaces in Milan, can be really reflected in a feasible project?
Ideas, created inside universities, should find an adequate space of visibility 
and recognition outside, in order to enter in a positive economic circuit. 
As in many American universities, students design and implement with teachers some of the works.


Perché a parer suo lo spazio pubblico in Italia è vissuto in modo diverso nelle città estere, uno tra gli esempi più salienti Barcellona?
RC. Ancora viviamo di tradizione dell’hortus conclusus.
Un sistema difficile da scardinare. Per quanto siano passati secoli…
E lo spazio pubblico viene percepito come spazio d’altri. Questo è il "focus".
Why, in your opinion, the public spaces in Italy is experienced differently from foreign cities? One example above all is Barcelona.
Here in Italy, we are still living in the tradition of the ‘hortus conclusus’. A difficult system to disrupt.
Although centuries have passed, the public space is perceived as "space of others". This is "the focus".



È lo spazio che condiziona il pensiero delle persone che lo abitano (per esempio la decisione di usufruirne o meno in base alle possibilità che offre) o è la forma mentis delle persone a prediligere la sola realtà privata piuttosto che investire sulla valorizzazione di luogo pubblico?
RC. La forma mentis italiana a cui accennavo, seppur generalizzando, 
sostiene il concetto di isolamento nel privato. Pertanto si investe culturalmente poco nello spazio pubblico ed i progetti risultano di scarsa qualità seppur di elevato dispendio economico. Un assurdo.
E il meccanismo risulta involutivo poiché non induce a frequentare questi spazi progettati.
Lo spazio pubblico italiano risulta snaturato nel profondo significato di collettivo e condiviso. Modificare in parte questo modo di pensare, significa aprire a progetti qualitativi riconoscendoli.
Significa affermare cura e attenzione per questi nostri spazi . Non d’altri…
Are the spaces that affects the thinking of people who live in them (for example the decision to use them or not, according to the possibilities it offers) or is the mindset of people to prefer only the private reality rather than invest and increase of the value of public place?
The Italian mindset, I mentioned before, although generally speaking, 
supports the concept of isolation into the private. Therefore, cultural investments are poor in the public space and the quality of projects is low, even though the financial price is high. Absurd.
And the mechanism is regressive because it leads to not frequent these designed spaces. Italian public
space is distorted in the deeper meaning of shared and collective space.
The partial changing of this mindset means to be open to the high quality projects an appreciate them because that are ours. Not them.



Quale tra gli architetti contemporanei si avvicina più al suo pensiero e concezione di spazio pubblico
In che occasione ha avuto modo di confrontarsi e conoscere il pensiero di questo architetto?
RC. Al di sopra di tutti, Leonardo da Vinci, che considero estremamente contemporaneo 
sia per la genialità del suo articolato pensiero sia per caparbietà nel tradurre le sue macchine desideranti in realtà e non per se stesso. 
Lo "spazio pubblico" è culturale, pertanto penso ad architetti vivi e morti in forma atemporale e lineare, a poeti, filosofi, artisti, a coloro nei quali individuo contributi tesi a migliorare la qualità di vita delle persone,
senza preclusioni o modelli da far applicare. 
Tra essi:Pablo Picasso, Eugenio Montale, Bramante, Mies van der Rohe, Vitruvio, Kant, Aristotele, Italo Calvino, Pablo Neruda, Luis Kahn, Burle Marx, Bach, Alvar Aalto, Isamu Noguchi, Jellicoe, Carlo Scarpa, De Chirico, Raffaello…
Tra le scuole di pensiero il Movimento Moderno e la Scuola della Catalunya degli anni ottanta in Barcellona,
con le lungimiranti decisioni politiche di Bohigas di una strategia puntuale, coordinata e sistemica per contrastare il selvaggio sviluppo edile a favore di progetti pubblici di architettura del paesaggio 
e la strenua difesa di Solà Morales degli spazi aperti.
Al contrario, escluso Renzo Piano, patrimonio dell’umanità,
non penso a nessun progettista italiano vivente per quanto attiene ad opere di spazio aperto pubblico
e non lo ritengo un mio limite...
Which of contemporary architects is closer to your thought and concept of 'public space'? 
On which occasion had you the opportunity to meet and know the mind of this architect?
Leonardo da Vinci is above all, which I consider very contemporary for the brilliance of his articulated
thoughts and stubbornness in translating his desiring machines in reality.. and not for himself. The "public space" is cultural, for this reason I also think, in a timeless form, of living and dead architects, poets, philosophers, artists, those which individual contributions aimed at improving the quality of life with their open minds, without preclusive thoughts. Among them:Pablo Picasso, Eugenio Montale, Bramante, Mies van der Rohe, Vitruvio, Kant, Aristotele, italo Calvino, Pablo Neruda, Luis Kahn, Burle Marx, Bach, Alvar Aalto, Isamu Noguchi, Jellicoe, Carlo Scarpa, De Chirico, Raffaello… Among the schools of thought: the Modern Movement and the School of Catalunya in Barcelona of the eighties and with the strong defence of open spaces of Solà Morales. On the contrary, with the exception of Renzo Piano, a World Heritage, I do not think of any living Italian designer with regard to works of public open space
and I do not think this is a limit from me... 


pubblicato per Ecoweek 2011.


Raffaella Colombo
Landscape architect, graduated in Architecture at the Politecnico of Milan, Italy.
She has been teaching at the Faculty of Architecture at the Politecnico of Milan since 1991 and she is teaching professor at the course of "Analysis and design of the contemporary garden“ now . She has taken part to landscape stages in Australia, India, Mexico, Colombia and she has been invited to participate in international competitions. She writes for cultural magazines. Her studies and activities reach out toward the private and public landscape design in an urban and environmental dimension.



INTERVIEW BY : Valeria Ferti,  Ilaria Feridiè Parmeggiani

Quali sono cinque immagini che la portano a pensare ad un “Mondo ecosostenibile”?
RC. Tralasciando che cosa si intenda per ecosostenibilità in Italia, in cui tutto sembra esserlo…
non penso ad un “Mondo ecosostenibile” attraverso immagini 
ma attraverso sistemi di relazione culturali da cui possano derivare consapevolezza 
e vera sostenibilità agli ecosistemi. 
Pertanto parlo di cultura e sostegno verso fragilità ambientali  a partire da quella umana. 
Da cui non prescindono. Parlo di Architettura Vera.
Le immagini quindi potrebbero essere indifferentemente tutte quelle che narrano di vita quotidiana
e non di scenografie immortalate per riviste.
What are five images that take you to think of a "sustainable world"? 
Leaving aside what is meant by sustainability in Italy, where everything seems to be so...
I do not think about a "sustainable world" through images
but about cultural relathionship systems that might generate awareness 
and true sustainability to ecosystems
Therefore I talk about culture and support towards environmental fragilities
starting from the human once. From which they are not independent
I'm talking about True Architecture.

Images, therefore, may be any of those that tell about everyday life, and not about captured scenes for magazines.


E quindi se la sostenibilità fosse una persona chi sarebbe?
RC. Non ho dubbi: Gandhi. Un sognatore pratico. Per rettitudine, riconoscibilità delle incoerenze, onestà intellettuale e desiderio di tramutare sogni personali e collettivi in realtà. Tutto ciò di cui necessita il Pianeta.
So if sustainability was a person who would it be?
I have no doubts: Gandhi. A practical dreamer. For righteousness, recognition of inconsistencies, intellectual honesty and desire to turn personal and collective dreams into reality. All things that our Planet needs.


Quali riferimenti consiglierebbe per progettare un’ architettura in equilibrio con l’ambiente?
RC. Parlare di equilibrio è esprimersi in termini di Bellezza.
Ed io la intravedo spesso dove i conservatori del paesaggio parlano di disequilibri.
Ad esempio, considero le infrastrutture come servizi necessari, pertanto lacerazioni sul territorio risolte in positivo.
E l’architettura del paesaggio come “progetto del nuovo” sempre  sovrapponibile  al segno storico.
Tra i riferimenti individuerei alcune architetture scevre ed intellettuali di Luis Barragan, Carlo Scarpa, Alvaro Siza, Tadao Ando; le architetture vegetali, in autocostruzione,  preziosamente “tessute” a mano di Giuliano Mauri, Patrick Dougerthy e dei natural artists e tutte le green architectures vernacolari nate anche da materiali di riciclo.
What references do you recommend for designing an “architecture in harmony with the environment”?
Talking  about harmony means to express oneself in terms of Beauty.
And I often catch glimpses of it, where the landscape conservatives talk about imbalances.
For example, I consider infrastructures as necessary services,
lacerations on the territory resolved positively.
And landscape architecture as a "project of the new" always comparable to historical signs.
Among the references
I would identify some devoid and intellectual architectures by Luis Barragan, Carlo Scarpa, Alvaro Siza, Tadao Ando, vegetal architectures which build themselves, preciously "woven" by hand by Giuliano Mauri, Patrick Dougerthy and by natural artists and all the vernacular green architectures also born from recycled materials.


E invece da quale dei suoi progetti si sente più rappresentata?
RC. Da nessuno. Realizzare giardini e progetti di spazio aperto privati per una committenza borghese e privilegiata può arricchire in termini economici ma non mi rappresenterà mai.
Pertanto ogni progetto, seppur sentito, appena diviene opera viene consegnato e dimenticato.
Penso più a ciò che farò. Al potenziale aperto da cui derivano progetti futuri. Al divenire.
Questo mi interessa realmente.
Which of your projects represents you the most?
None. Making private gardens and open space projects for a privileged middle class, enriches in economic terms but
it will never represent me.
Therefore every project, even if felt, as soon as it becomes real it is delivered and forgotten.
I prefer to think about what I'll do. About the open potential from which future projects derive. About what will be. This really interests me.


E’ magari piuttosto un progetto di vita. Mi viene in mente la libertà che propone quando insegna, dove liberi non si è da qualcosa ma per qualcosa.
Ancora una domanda: Foglio bianco, prendo la matita e…
RC. Disegno e scrivo liberamente. Nel caos totale, sovrapponendo sfrenata fantasia a realtà e così, 
senza rapporti di scala e logica, compaiono scritte, citazioni, alberi alati, cavalli, labirinti, dirupi…
Ciò che appare è una sorpresa. Per me stessa. Poi osservo, analizzo, critico e critico...
Ridisegno: sottraendo, cambiando, variando, ma sempre disegnando.
La programmazione  e il bel disegno non mi appartengono per forma mentis e neppure lo desidero.
 Maybe it is, rather, a life project. I’m thinking about the concept of freedom you propose when you teach: you are not free from something but for something.
One more question: White sheet, take a pencil and ...
I draw and write freely. In the total chaos, overlapping unbridled imagination to reality and so, without scale proportions and logic, appear writing, quotes, winged trees, horses, mazes, cliffs ... what appears is a surprise.  For myself. Then I observe, analyze criticize and criticize...
I draw again: subtracting, changing, varying, but always drawing.
Programming and beautiful design don’t belong to my mindset, and I don’t want this either.




Published interview for "International Workshop Ecoweek Milan 2011"









 progetto e disegni di Raffaella Colombo





lunedì 12 marzo 2012

Sguardo...alle passioni.



Osservare solo da differenti prospettive fisiche, variando angolazioni,
seppur con ribaltamenti e  capovolgimenti,
non modificherà la realtà
ma la sua sola apparente e temporanea  percezione.

Poiché la realtà si apre a modificazioni
derivabili solo dalla leggibilità della mente di ciò che accade e sta per accadere,  
quando lo sguardo interiore 
consente ad essa di assumere altro significato della sola apparenza…

Osservare non solo con gli occhi appartiene alla condizione umana,
al profondo e consapevole desiderio dell’uomo di variazione e modificazione,
e non solo di ciò che lo circonda,
alla sua ricerca ininterrotta di passioni  talvolta offuscanti, spesso illuminanti,
di temporanee  illusioni  e di inevitabile concretezza…
Di sperimentazione verificabile
nella realtà percepita e non solo osservata,
dove l’ovvio non è sufficiente
per intrecciare i reconditi sogni
e le aspettative di ciascuno di noi alla tangibilità.

La sola realtà non muove l’uomo alle passioni
ma sono esse che con potenza spesso riescono a smuovere la sua realtà…


Al tuo sguardo aperto... architetto,
alle tue passioni vere e sentite.
Raffaella Colombo










lunedì 5 marzo 2012

Terra e stelle fra le mani....


Al desiderio, alla tua capacità di trattenere  terra fra le mani, plasmarla con le stelle, disegnare complessità e alleggerire… e non solo come affascinante architetto.


 Water comes from the stars -Riccardo Dalisi




 
pubblicato su Nemeton  settembre 2011



Un grazie sincero agli architetti e artisti Riccardo Dalisi e Franco Raggi per aver tradotto
"Stabili...architetture instabili" in disegni.

A te... il resto.
Raffaella




Stabili… Architetture Instabili.

Dalla corolla di copiapoa solaris,
nella dura terra del deserto di Atacama…
la mia architettura instabile.


Si parla di disequilibri, di contemplazione dell’errore,
di mancanza di assolute certezze progettuali,
di architetture instabili…
Mi riferisco ad architetture individuali.
Non elencabili. Non solo mentali. Non impossibili.

Scrivere, proporre, credere ed entusiasmarsi.
Ma quando si tratta di provare a realizzare
un’architettura instabile scendendo in campo,
si forma il vuoto. Improvvisamente.
Non inaspettatamente.
Chi accetta consapevolmente i rischi? E quali? Se esistono.

Ritengo che queste architetture non siano espressione
di trasgressione o giochi d’azzardo
ma opere il cui sviluppo avvenga simultaneamente,
da coloro che le vivono,
su piani complanari per intensità e densità.
Piani inclinati. Non piani geografici. Non distonie geometriche.

Per esse, soggettività e percezione emotiva
divengono dominanti e la razionalità schiavizzante.
Non sono evitabili  precipitanti buchi neri.
Vortici irrefrenabili.
Avvilupparsi e librarsi continuamente.
Scendere, salire, affacciarsi.
Turbinando nella gioviana  Grande Macchia Rossa.

Frutto di riflessioni, insuccessi, velate ed auspicate fioriture…
Non di visionarie elucubrazioni involute di folli architetti.
Sterili sperimentazioni, innovazione per innovazione.

Le architetture instabili, per complessità criptica,
risultano architetture difficili. Illogiche. Reazionarie.
Affaticanti. Generatrici di dubbi. Eppure calamitanti.
Per questo non necessitano di minuziose definizioni.
Armonia, empatia e biunivocità come doni intuibili.

Si avvertono nel corpo e nell’anima.
Prepotentemente. E permangono.
Distano dall’essere involucro.
Non si decodificano scientificamente.
Non vestono materiali camuffanti.
Stabili ed essenziali nei contenuti,
alchemiche ed esplosive nella mutevolezza,
affascinanti nel mistero.
Accompagnanti ed ossessionanti come
quotidiane presenze fortemente desiderate.

Si nutrono d’imprevedibile e di determinazione
per reali opportunità qualitative. Non necessitano alibi.
Non banali pretesti o machiavelliche strategie per esistere.
Se non suscitano interesse muoiono silenti,
se sembrano addormentarsi, sopravvivono per rinascere.
Per forza intrinseca e sintesi culturale vanificano ogni limite.
Sono ardore del fare. Non utopia.
Sono contrapposte alla stabile architettura iperstatica,
come falso rifugio di sé. Penombra tranquillizzante.

 Dove architettura?
Dove? Le potenzialità del non visibile…
Dove? L’architetto che intravede…
Dove? La bellezza dell’arte…
Dove? L’imprevisto, l’errore, la spontaneità dell’evolvere…
Dove? La volontà, la fatica, le scottature, i tagli…


Per comprendere e sostenere architetture instabili
occorre essere più che bravi architetti,
qualcosa che non si apprende sui testi.
Coraggio, lungimiranza, ponderatezza, slancio emotivo,
fervore e fiducia da cui deriva speranza.
L’impeto che offusca e muove dall’interno…
Oltre la certezza. Oltre sé.
Amore.

Allora queste architetture instabili decollano.
Prendono forma ed appaiono non solo nell’anima
di architetti che sono più di attenti 
e razionali osservatori ma partecipi scopritori.
Cesellatori. Inventori. Intrecciatori.
Architetti Raccoglitori. Uomini.

E non si polverizzano.
Stanno.
Anche inopportunamente.
Indifferenti a torsioni e compressioni.
E divengono.

Nell’instabilità più stabile e persistente... di ciascuno di noi.

Di noi che abbiamo ali
ma tratteniamo terra fra le mani…
Di noi, affascinante architetto.

Raffaella Colombo